Onorevoli Colleghi! - Il disegno di legge comunitaria rappresenta il momento principale della partecipazione del nostro Paese alla fase discendente del processo normativo comunitario. Si tratta di un provvedimento che ha permesso dal 1989, anno in cui è stato introdotto questo strumento, ad oggi di accelerare la fase di attuazione della normativa europea: l'Italia è passata da un tasso di recepimento delle direttive pari all'80 per cento nel 1990 ad una percentuale che si assesta attualmente attorno al 97 per cento.
      Il disegno di legge in esame é il secondo dopo l'approvazione dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari». Come è noto, la legge n. 11 ha modificato in modo sostanziale la legge n. 86 del 1989 (La Pergola), che aveva introdotto la legge comunitaria annuale, finalizzata a consentire un costante e pieno adeguamento dell'Italia agli obblighi comunitari. Peraltro, a seguito della riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione, realizzata nel 2001, è emersa la necessità di adeguare i contenuti della legge comunitaria alle nuove esigenze derivanti dal mutato assetto costituzionale. A tal fine, la legge n. 11 del 2005 ha provveduto ad ampliare i contenuti della legge comunitaria, ridefinendo altresì la disciplina relativa al recepimento delle direttive in via regolamentare nonché l'esercizio dei poteri statali sostitutivi in riferimento all'attuazione regionale degli obblighi comunitari.
      Il provvedimento in esame, che dà, in larga parte, seguito alle innovazioni introdotte dalla legge n. 11, contiene all'articolo 1 la delega per l'attuazione delle direttive contenute negli allegati A e B: nel testo proposto dalla Commissione, una sola direttiva nell'allegato A, ventuno direttive nell'allegato B e una nell'allegato C. L'allegato B si differenzia dal primo in quanto sugli gli schemi dei decreti legislativi di recepimento è previsto il parere dei competenti organi parlamentari. Il «passaggio» di numerose direttive dall'allegato A all'allegato B, risultante dall'approvazione di emendamenti proposti dalle Commissioni di merito o dal relatore, è volto appunto ad un rafforzamento delle prerogative parlamentari ed a un più forte coinvolgimento del Parlamento nel procedimento di emanazione dei decreti legislativi di attuazione, attuazione che segna in Italia gravi ritardi.
      Proprio per far fronte a tale problema, su proposta del Governo, oltre ad inserire nell'allegato B ulteriori direttive da recepire, sono stati ridotti i tempi di delega: il termine di diciotto mesi previsto nel testo del disegno di legge è stato portato a dodici mesi, che si riducono a sei nel caso che il termine di recepimento sia già scaduto o scada nei sei mesi successivi all'entrata in vigore della legge comunitaria in esame.
      Il disegno di legge prevede, inoltre, il cosiddetto doppio parere parlamentare per due ipotesi specifiche, ossia allorché il Governo non intenda conformarsi alle condizioni relative all'osservanza dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione

 

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ovvero nel caso di norme concernenti sanzioni penali (comma 9). In tali casi l'esecutivo è tenuto a ritrasmettere i testi alle Camere - corredati dei necessari elementi integrativi - affinché le Commissioni competenti si esprimano rispettivamente entro venti e trenta giorni. In base ad un emendamento che recepisce il parere espresso dalla Commissione Bilancio, tale procedura si applica in ogni caso ad una serie di direttive specificamente indicate, e contenute nell'allegato B, per le quali la Commissione medesima ha rilevato profili finanziari particolarmente rilevanti.
      Il comma 6 dell'articolo 1 reca una significativa novità rispetto ai contenuti consueti, autorizzando il Governo - entro tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi adottati per il recepimento di direttive per le quali la Commissione europea si sia riservata di adottare norme di attuazione - a recepire tali disposizioni attuative, allorché effettivamente adottate, con regolamenti governativi, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988. Al riguardo, si ricorda che il comma 6 dell'articolo 1 della legge comunitaria per il 2005 prevedeva la possibilità di adottare decreti legislativi integrativi e correttivi, al fine di tener conto delle eventuali disposizioni di attuazione di specifiche direttive, adottate dalla Commissione europea. La norma in esame, pertanto, risponde ad analoghe esigenze, fornendo però una risposta maggiormente completa, in quanto generalizza tale possibilità, svincolandola da riferimenti specifici a singole direttive, ed utilizza lo strumento del regolamento governativo al posto del decreto legislativo integrativo e correttivo.
      Il comma 7 dell'articolo 1 richiama l'applicazione della consueta clausola di cedevolezza attraverso il rinvio alle disposizioni contenute nell'articolo 11, comma 8, della legge n. 11 del 2005, da applicare in relazione a quanto previsto dagli articoli 117, quinto comma, della Costituzione e 16, comma 3, della citata legge n. 11. Tale disposizione prevede, infatti, un intervento suppletivo anticipato e cedevole da parte dello Stato, in caso di inadempienza delle Regioni nell'attuazione delle direttive, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato.
      Il comma 8, introdotto durante l'esame in Commissione ripropone due disposizioni, peraltro già presenti nelle ultime leggi europee, con cui si prevede la trasmissione, da parte del Ministro per le politiche europee, di una relazione al Parlamento, qualora una o più deleghe conferite dalla legge comunitaria non risulti esercitata trascorsi quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione, nonché un'informativa periodica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza.
      Anche in questo provvedimento, come nella legge comunitaria per il 2005, viene prevista l'attuazione di direttive attraverso lo strumento regolamentare. Infatti, il successivo articolo 6 autorizza il Governo a dare attuazione alle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato C con uno o più regolamenti di delegificazione, secondo quanto disposto dagli articoli 9 e 11 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. Gli schemi di regolamento dovranno poi essere sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro quaranta giorni dall'assegnazione.
      Si ricorda infine che nella relazione illustrativa del disegno di legge, come risulta dall'integrazione presentata dal Ministro per le politiche europee durante l'esame in Commissione, sono indicate le direttive da recepire in via amministrativa.
      L'articolo 2 del disegno di legge contiene, come di consueto i principi e criteri direttivi delle deleghe, mentre l'articolo 3 reca la delega al Governo per la disciplina sanzionatoria della violazione di disposizioni comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa. L'articolo 4 riguarda gli oneri per prestazioni e controlli e l'articolo 5 dispone interventi di riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie.
      Durante l'esame in Commissione, è stato introdotto il nuovo capo II, che
 

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introduce due articoli nella legge n. 11 del 2005. Sulla base del parere espresso dalla Commissione Bilancio, sono state infatti introdotte due nuove previsioni dirette, a garantire al Parlamento un'informativa completa e tempestiva, rispettivamente, sulle sentenze e sulle procedure di contenzioso riguardanti l'Italia e le relative conseguenze finanziarie, e sui flussi finanziari con l'Unione europea.
      Nell'ambito del capo III, l'articolo 7 del disegno di legge («individuazione di principi fondamentali in particolari materie di competenza concorrente») contiene un'ulteriore novità di indubbio rilievo. Esso, infatti, è volto ad individuare i principi fondamentali nel rispetto dei quali regioni e province autonome esercitano l'attività legislativa in talune materie di competenza concorrente (tutela e sicurezza del lavoro e tutela della salute), limitatamente al recepimento degli atti comunitari contemplati dal disegno di legge in esame. Durante l'esame in Commissione, recependo così il parere formulato dalla Commissione Giustizia, è stato soppresso il comma 3, concernente le «professioni», in quanto la definizione dei principi fondamentali in tale materia sono già individuati dal decreto legislativo n. 30 del 2006.
      Nonostante le novità introdotte dal provvedimento in esame, si osserva che al suo interno non vengono ancora utilizzati alcuni degli strumenti predisposti dall'articolo 9 della legge n. 11 del 2005. Infatti, nell'ambito del provvedimento non si rinvengono, tra l'altro, le disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea nonché quelle dirette a dare attuazione a decisioni o decisioni-quadro adottate in base all'articolo 34 del trattato sull'Unione europea, nell'ambito del terzo pilastro. A quest'ultimo riguardo si segnala che risultano adottate dall'Unione europea alcune decisioni quadro rilevanti, quali ad esempio le decisioni quadro 2005/212/GAI, in materia di confisca dei proventi di reato, e 2005/214/GAI, concernente il principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie.
      Al capo IV, relativo a misure specifiche di adempimento, l'articolo 8 reca i principi e criteri direttivi specifici per il recepimento della direttiva 2005/14/CE, concernente l'assicurazione della responsabilità civile. Poiché, tuttavia, la delega per il recepimento, che scadrà il 23 agosto 2007, è stata già conferita con la legge comunitaria 2005, durante l'esame in Commissione la norma è stata riformulata nel senso di riferirla più correttamente alla legge n. 29 del 2006.
      Sempre durante l'esame in Commissione, sono stati introdotti due nuovi articoli che, recependo il parere della I Commissione, dettano criteri e misure specifiche per il recepimento delle direttive 2005/71/CE e 2005/85/CE relative, rispettivamente, alla procedura per l'ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica (articolo 8-bis) prevedendo che la domanda di ammissione possa essere accettata anche quando il cittadino del paese terzo si trovi già in Italia, e alle procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (articolo 8-ter).
      È stato viceversa soppresso, con l'accoglimento di un emendamento del Governo, l'articolo 9 in tema di disciplina della titolarità delle farmacie. Oltre a destare alcune perplessità circa l'effettiva rispondenza della norma alle direttive comunitarie, l'articolo in esame insisteva infatti sulla medesima disciplina già oggetto dell'articolo 5 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, in corso di conversione.
      Il capo reca, altresì, diverse disposizioni di attuazione diretta di direttive comunitarie, tra i quali l'articolo 10 in materia di diritti acquisiti per l'esercizio della professione di odontoiatra e l'articolo 13, comma 1, lettera a), in materia di prodotti fitosanitari; nonché vari articoli volti a dare esecuzione, ovvero a consentire l'effettiva attuazione nel nostro ordinamento di alcune disposizioni di regolamenti comunitari. In particolare, si ricorda l'articolo 14, modificato per recepire il parere della XIII Commissione, che contiene criteri direttivi per le modifiche al decreto
 

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del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, in materia di immissione in commercio e vendita di prodotti fitosanitari; l'articolo 16, che reca disposizioni per la tutela dei consumatori, e l'articolo 17, anch'esso modificato per recepire il parere della XIII Commissione, che interviene nel settore delle comunicazioni periodiche all'AGEA in materia di produzione di olio di oliva.
      È stato inoltre aggiunto la disposizione di cui al nuovo articolo 15-bis che, in applicazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, è diretta a risolvere una situazione che vede l'Italia colpita da una procedura di infrazione.
      È stato, invece, soppresso l'articolo 15 del disegno di legge, recante disposizione in materia di alimenti per animali, recependo il parere della Commissione Giustizia che ha rilevato l'assenza dei princìpi e criteri direttivi prescritti dall'articolo 76, comma 2, della Costituzione, essendo espressa in tale articolo una mera finalità.
      Nell'ambito del capo in esame, peraltro, vi sono alcune norme che non sembrano direttamente finalizzate a dare attuazione ad atti ovvero ad obblighi comunitari. Tra questi, si segnalano l'articolo 11, finalizzato ad introdurre sanzioni per la violazione delle disposizioni in materia di tecniche di classificazione, e l'articolo 13, comma 1, lettera b), volto ad aumentare il numero degli esperti di cui può avvalersi la Commissione consultiva di controllo per l'immissione in commercio di prodotti fitosanitari, disciplinata dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 194 del 1995. Tale disposizione non è stata peraltro modificata durante l'esame in Commissione. Desta, inoltre, qualche perplessità circa l'effettiva rispondenza alle direttiva comunitaria la previsione di cui all'articolo 12, peraltro non modificato in Commissione, che modifica l'articolo 7 del decreto legislativo n. 174 del 2000 (che ha recepito la direttiva 98/8/CE), riguardante il rilascio dell'autorizzazione all'immissione sul mercato e l'utilizzazione dei biocidi. È pertanto opportuno un ulteriore approfondimento al riguardo.
      È stato invece soppresso, durante l'esame in Commissione, accogliendo una proposta emendativa del Governo, l'articolo 18 riguardante la trasformazione del Centro nazionale di informazione e documentazione europea (CIDE) in relazione alla scadenza del contratto istitutivo del Gruppo europeo di interesse economico, in cui esso rientra. La Commissione europea ha ritenuto, infatti, di non rinnovare le convenzioni relative ai centri nazionali di informazione sull'Europa, offrendo ai Governi nuove forme di collaborazione, che prevedono accordi pluriennali con gli Stati membri per assicurare un contributo finanziario agli organi scelti e proposti dagli stessi. Il Governo ha, pertanto, ritenuto opportuno sopprimere la disposizione in esame e compiere ulteriori valutazioni al fine di individuare la soluzione migliore per l'adempimento di tale funzione informativa.
      Durante l'esame in Commissione, sono stati, infine, aggiunti due ulteriori articoli. L'articolo 18-bis modifica il comma 2 dell'articolo 29 della legge n. 428 del 1990, concernente il rimborso di diritti doganali all'importazione, imposte di fabbricazione e di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali indebitamente riscosse. La modifica in esame, che si rende necessaria a seguito della sentenza della Corte di giustizia del 9 dicembre 2003 e della successiva procedura di infrazione a carico dell'Italia, uniforma le modalità di rimborso, consentendolo nei casi in cui il tributo non è stato traslato su altri soggetti; prevede, inoltre, come richiesto dalla Corte di giustizia, che la prova di tale traslazione non possa essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni.
      Infine, il nuovo articolo 18-ter abroga l'articolo 4 della legge n. 183 del 1987, che istituisce un comitato consultivo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, presieduto dal Presidente del Consiglio o dal Ministro delegato per il coordinamento delle politiche comunitarie, con compiti di
 

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studio e consulenza su questioni concernenti le attività comunitarie. L'abrogazione si rende opportuna in quanto le funzioni del comitato sono ora svolte dal Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei e dal comitato tecnico permanente, istituiti dalla legge n. 11 del 2005. Sono inoltre soppressi i commi 2 e 3 dell'articolo 19 della medesima legge n. 183 che prevedono un compenso al personale chiamato a far parte della commissione per il recepimento delle normative comunitarie.
      In conclusione, occorre sottolineare ancora una volta come la legge comunitaria per il 2006 abbia il merito di aver ridotto i tempi per l'adozione dei decreti legislativi attuativi delle direttive comunitarie, in particolare nei casi di direttive il cui termine sia già scaduto o sia in scadenza nei sei mesi successivi all'entrata in vigore del provvedimento. Si tratta di importanti innovazioni, utili a velocizzare i tempi di attuazione della normativa europea e a ridurre il rischio, per il nostro Paese, di incorrere in procedure di infrazione.
      La legge comunitaria per il 2006 presenta come elemento di criticità il fatto di essere stata sottoposta all'attenzione del Parlamento con un certo ritardo dovuto all'ingorgo istituzionale che si è determinato a causa delle elezioni per il rinnovo delle Camere e del Presidente della Repubblica, nonché per il referendum costituzionale. È importante che nel corso della legislatura si riesca ad approvare il provvedimento annuale in tempi più celeri.

Rosella OTTONE, Relatore

 

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